SIB (Self Injurious Behavior)
La sigla SIB sta per Self Injurious Behavior ovvero “comportamento di autoferimento” ed è così definito: “azioni intenzionali, ripetute, a bassa letalità che alterano o danneggiano il tessuto corporeo, senza alcun intento suicida cosciente”.
La definizione appena riportata, rappresenta quella più ampiamente accettata, in campo clinico, sui comportamenti di autoferimento, che è un concetto differente da quello largamente in uso in Italia di autolesionismo. L’autolesionismo è un termine molto generico che racchiude diversi tipi di comportamento autodistruttivo, che verranno elencati in seguito.
Il SIB rientra all’interno di una più ampia cerchia di comportamenti autolesionistici che viene definita “Deliberate Self Harm” ovvero “autodanneggiamento intenzionale”, insieme ad altre due modalità di comportamento autolesionistico:
- Autoferimento (self injurious)
Indica comportamenti volti al danneggiamento del tessuto corporeo, come tagli o bruciature. - Autoavvelenamento (self poisoning)
In questa categoria rientrano comportamenti autolesionistici diretti e letali, molto vicini a tentativi di suicidio, che includono overdose di farmaci, ingestione di sostanze tossiche, oppure iniezioni di sostanze pericolose. - Autodanneggiamento (self harming)
Questo si riferisce più che altro a “condotte a rischio”, ovvero comportamenti indiretti e dannosi a lungo termine, come il gioco d’azzardo patologico e/o problematico, la guida pericolosa, la continua ricerca del rischio, la promiscuità sessuale, l’abuso di sostanze e di alcool.
Di conseguenza quando si parla di comportamento autolesionista si deve fare particolare attenzione a ciò che si vuole indicare, in quanto questi comportamenti hanno cause, manifestazioni, ed effetti molto diversi tra loro.
Anche all’interno del SIB è possibile notare 4 diverse categorie di autoferita, secondo la più recente tassonomia, basata sul tipo e la modalità di ferimento:
- SIB impulsivo
Che a sua volta può essere episodico o ripetuto. Questo include tipicamente eventi autonocivi intermittenti (tagliarsi, bruciarsi, colpirsi). Col tempo, il SIB episodico impulsivo tende a ripetersi, divenendo una sorta di dipendenza per l’individuo che è sempre più preso, assorto dal SIB. - SIB compulsivo
Include comportamenti ripetuti o ritualistici che si presentano molte volte al giorno (strapparsi ciocche di capelli, mangiarsi le unghie, graffiarsi). - SIB stereotipico
Caratteristico delle persone con gravi ritardi mentali, o autismo. In genere è compiuto indifferentemente dal contesto (per esempio, in presenza di spettatori), ed ha una qualità ripetuta, ritmica, guidata (es. battere la testa ripetutamente). - SIB maggiore
È la più grave delle mutilazioni (per esempio, autocastrazione, asportazione di parti del corpo), e solitamente si presenta come evento isolato durante episodi psicotici.
La caratteristica principale del comportamento di autoferimento è il costante pensiero di ferirsi che attraversa la mente dell’autolesionista, pensiero che diventa più forte nei momenti di forte stress.
L’autoferitore tenta a volte di resistere a questi pensieri, spesso non riuscendoci, ma c’è anche chi organizza dei veri e propri rituali attorno all’atto lesivo (come segnare la parte da ferire o preparare gli strumenti da utilizzare).
Gli autoferitori in genere, prima dell’atto autolesivo riportano sentimenti di rabbia, delusione, tensione, depressione, solitudine e senso di vuoto incolmabile, ma anche senso di impotenza o di colpa, che fanno scattare una sorta di meccanismo che pare funga da regolatore di tali stati. Subito dopo l’atto autolesivo sperimentano un senso di sollievo temporaneo che dura fino al ciclo successivo, quando un’altra sensazione negativa lo farà ripartire, quasi fosse una dipendenza fisica.
Il ruolo che viene ad assumere il comportamento di autoferimento è di valvola di sfogo, dunque, una via di scarico che permette agli autoferitori di espellere via tutte quelle sensazioni negative che hanno in corpo, come se l’unico modo per far tacere le emozioni negative fosse farsi del male.
Altre persone cominciano, invece, ad autoferirsi per via di sensazioni di estraneità, di alienazione dal proprio corpo, ed il dolore, il sangue che fuoriesce, e che scorre, sembrano servire a farle ritornare coscienti della realtà, a farle “diventare vive d’improvviso”.
Spesso alla base di questi stati emotivi così negativi, di queste sensazioni di vuoto interiore e freddezza, ci sono situazioni di perdita, sia fisiche sia affettive, rifiuto (reale o percepito), abbandono, minacce di perdita, o trauma che suscitano un aumento di tali sensazioni, a cui si associa spesso l’incapacità di verbalizzare i sentimenti, esprimerli o comunicarli a qualcuno.
Esistono svariati metodi con cui gli autoferitori si procurano le ferite, i quali non si escludono a vicenda, ma comunemente alcuni tendono a farlo in un solo modo, quasi identificandosi con questo particolare comportamento, come quelli che in America si fanno chiamare CUTTERS (tagliatori) o BURNERS (bruciatori).
Dagli studi sull’argomento le modalità di autoferimento che vengono più spesso utilizzate sono queste:
- Tagli od incisioni sulla pelle
- Scavarsi o grattarsi ferite, interferendo con la guarigione
- Colpirsi
- Grattarsi fino a far uscire il sangue
- Mordersi
- Scavarsi la pelle fino a far uscire del sangue
- Inserimento di oggetti nella pelle e sotto le unghie
- Tatuarsi da soli
- Bruciarsi la pelle
- Strapparsi i capelli
- Raschiarsi la pelle fino al sangue
- Emerge anche come il comportamento più frequentemente utilizzato per autoferirsi sia il tagliarsi, seguito dal bruciarsi, il colpirsi, ed infine l’interferimento con la guarigione di ferite.
Per ciò che riguarda la sede delle lesioni, le parti più frequentemente prese di mira sono le braccia, le gambe, il torace, ed altre aree sulla parte frontale del corpo, probabilmente perché sono le più facilmente accessibili.
Dai dati emersi dai diversi studi, sembra che i soggetti più a rischio di SIB siano adolescenti, o giovani adulti, soprattutto di sesso femminile.
L’esordio del comportamento di autoferimento è fatto risalire in genere verso i 13/15 anni e tende a cronicizzarsi, perdurando circa per una decina di anni, sebbene molti smettono quando raggiungono la maturità affettiva.
Altri fattori frequentemente riscontrati tra gli autolesionisti sono una istruzione di livello superiore, provenienza da una classe sociale medio-alta, e la condizione di single.
In Italia, in ambito clinico, il comportamento di autoferimento viene considerato come un semplice sintomo, all’interno di uno specifico quadro psicopatologico, uno su tutti è il disturbo borderline di personalità, a cui viene frequentemente associato.
Alcuni hanno definito il comportamento di autoferimento come la “dipendenza degli anni 90″, altri lo hanno accostato al fenomeno piercing, tanto diffuso negli scorsi anni nella cultura occidentale, ma sebbene le nuove tecniche di modifiche del corpo come il piercing o i tatuaggi siano vicini al SIB, queste, sono solitamente progettate, decorative e socialmente contestualizzate in un modo che non si può certo parlare di SIB patologico.
Inoltre mentre il piercing è esibito con orgoglio o sfida, il SIB è nascosto con vergogna e timore, ed implica spesso sensi di colpa.
Il problema principale, rimane uno, la dipendenza, o usando un termine più consono, secondo certi studiosi, l’abitudine che col tempo si viene ad instaurare, questa è una tappa fondamentale per il SIB, ed è proprio questo che bisogna evitare al fine di non favorire il cristallizzarsi di questi comportamenti.
E’ essenziale intervenire preventivamente su questo comportamento, soprattutto nella fascia di età fra i 12 e i 15 anni, fare caso ai segnali indicatori come possono essere graffi alle braccia, e soprattutto in caso si scopra un tale comportamento in una persona cara, è essenziale l’ascolto, la comprensione, l’empatia; cercare di dar sostegno piuttosto che stigmatizzare, inorridire o addirittura schernire o sminuire un comportamento che, per quanto terribile possa apparire, rimane l’unica cosa che dà sollievo al self-injurer.
Inoltre è molto importante, sin dai primi segnali, rivolgersi ad un esperto che può aiutare colui/lei che si autoferisce, a sopportare il pesante fardello.
Bisogna sempre ricordare che il self-injurer è una persona che soffre, e ferire il proprio corpo è l’unico modo che conosce per reagire a questo stato.