Burnout

Gli operatori afflitti da tale patologia appaiono completamente “bruciati”, “fusi”, “cortocircuitati”, ovvero sfiniti, esauriti “a tutto campo”.

Con la “sindrome di burnout“, riconosciuta nella prima metà degli anni 70, negli Stati Uniti, si identifica una patologia professionale che si osservava sempre più frequentemente tra gli operatori sociali, caratterizzata da un rapido decadimento delle risorse psicofisiche e un altrettanto rapido peggioramento delle prestazioni professionali.

Il termine “burnout” deriva dal gergo sportivo: negli anni Trenta veniva utilizzato per indicare la condizione di quegli atleti che, dopo un periodo di successi, improvvisamente vanno in crisi e non riescono a dare più nulla dal punto di vista agonistico.

Analogamente, gli operatori sociali in burnout non riescono a dare più nulla dal punto di vista relazionale [Rossati – Magro 1999, 43-4].

Sono molti i professionisti del sociale a rischio di burn-out, ma quelli più “esposti” sembrano essere: operatori di comunità, educatori, insegnanti, riabilitatori psichiatrici, assistenti sociali, infermieri.

Si tratta di professioni basate sulla “relazione d’aiuto” tra operatore e utenti “disagiati”, nelle quali le responsabilità morali dell’operatore, lo stress a cui è sottoposto e il suo coinvolgimento emotivo sono elevatissimi. Tali condizioni di lavoro, se non sussistono le adeguate misure di prevenzione, portano inevitabilmente alla “fusione”, al breakdown dell’operatore.

Le cause del burnout

Dal punto di vista psicofisico, si può definire il burnout come una risposta disfunzionale allo stress.

Il burnout, come sottolineano A. Rossati e G. Magro, è un fenomeno più complesso dello stress, perché determinato non solo dalle componenti soggettiva e oggettiva dello stress individuale, ma anche da variabili storico-sociali e culturali che possono “accelerare” il passaggio dallo stress al burnout. Mentre lo stress è un fenomeno individuale, il burnout è un fenomeno fondamentalmente psicosociale [Rossati – Magro 1999, 69].

Nel mettere in evidenza le cause del burnout, occorre distinguere fattori individuali (componente soggettiva e componente oggettiva dello stress) e fattori socio-culturali.

Cause soggettive del burnout

La componente soggettiva del burnout è quella che determina quali stimoli verranno percepiti come stressanti e l’intensità della reazione individuale a tali stimoli. Fanno parte di questa componente le caratteristiche della personalità, le aspettative professionali, lo stress non professionale [cfr. Bonino 1988, cap.11].

Cause oggettive del burnout

La componente oggettiva dello stress professionale è stata studiata da D. Cooper, che ha individuato varie classi in cui possono essere suddivise le fonti di stress (stressors): intrinseche al lavoro, relative al ruolo nell’organizzazione, relative allo sviluppo della carriera, relazionali, relative all’équipe [Rossati – Magro 1999, 33-5].

Cause socio-culturali del burnout

La velocità e la facilità con cui lo stress professionale porta alla sindrome di burnout dipendono da numerosi fattori sociali e culturali. Alcuni di questi fattori sono stati messi in evidenza da C. Cherniss nella sua importante opera del 1983 sul burnout [cfrCherniss 1983; Rossati – Magro 1999, 52-5]:

  • Incremento della domanda
    La disgregazione del tessuto sociale comporta un grave aumento delle varie forme di disagio psicosociale e quindi un aumento della domanda ai servizi sociali. Gli operatori sociali si trovano a fronteggiare un maggior numero di utenti con maggiori problemi, spesso senza un proporzionale aumento delle risorse a loro disposizione. Questa situazione aumenta lo stress degli operatori e può portare al burnout.
  • Sfiducia da parte degli utenti
    Gli utenti non hanno più fiducia nei servizi sociali e nei loro addetti. Sono costretti a ricorrervi spesso, ma si rivolgono ai servizi con astio e aggressività. Anche questo favorisce il passaggio da stress a burnout.
  • Valutazione del lavoro in se stesso
    Un terzo aspetto da prendere in considerazione è la svalutazione sociale del lavoro in se stesso a favore del successo personale e del guadagno economico, con conseguente svalutazione di tutte le professioni sociali – professioni notoriamente poco pagate, nell’ambito delle quali il successo personale è molto relativo.
Le manifestazioni sintomatologiche del burnout

Sintomi Psichici (cognitivo-emozionali)

I sintomi psichici investono sia la sfera cognitiva, sia quella emotiva. Nel suo lavoro del 1982, rimasto il testo di riferimento sui sintomi del burnout, Christina Maslach descrive tre gruppi di sintomi:

  • esaurimento emotivo
  • depersonalizzazione dell’utente
  • ridotta realizzazione professionale.

Ai sintomi inclusi in queste tre categorie, F. Folgheraiter aggiunge quelli descrivibili globalmente come perdita di controllo.
Qui verrà seguita la maggioranza degli autori, che utilizza tuttora le categorie di Maslach (pur con qualche modifica), ma verrà aggiunta la categoria messa in evidenza da Folgheraiter [cfr. Maslach 1982; Folgheraiter 1994].

In base a questo criterio, i sintomi possono essere raggruppati in quattro categorie:

  • Collasso delle energie psichiche
    In questa categoria rientrano molti sintomi tipici degli stati ansioso-depressivi. I principali sintomi sono: alta resistenza ad andare al lavoro ogni giorno, apatia, demoralizzazione, difficoltà di concentrazione, disagio, disperazione, incubi notturni, irritabilità, preoccupazioni o paure eccessive o immotivate, sensazione di inadeguatezza, sensi di colpa, senso di frustrazione o di fallimento.
  • Collasso della motivazione
    In questa categoria rientrano tutte le disfunzioni psichiche che portano alla depersonalizzazione dell’utente e quindi ad un progressivo scadimento della qualità professionale. I sintomi sono: distacco emotivo (perdita della capacità empatica), rigidità nell’imporre o applicare norme e regole, cinismo, disinteresse oppure ostilità o rifiuto (anche fisico) verso gli utenti o, meno frequentemente, verso i colleghi, pessimismo.
  • Caduta dell’autostima
    L’operatore non si sente realizzato sul lavoro e comincia a svalutarsi sia sul piano professionale, sia – successivamente – su quello personale. Nonostante si sforzi, non riesce a frenare questo crollo della fiducia nelle proprie capacità e risorse, i nuovi impegni gli sembrano insostenibili, ha la sensazione di non essere “all’altezza” dei problemi nel lavoro e nel privato.
  • Perdita di controllo
    L’operatore non riesce più a controllare lo spazio o l’importanza del lavoro nella propria vita. Ha la sensazione che il lavoro lo “invada”, non riesce a “staccare” mentalmente, il pensiero degli utenti o i problemi con i colleghi gli creano sempre più malessere, anche oltre l’orario di lavoro.

Sintomi Comportamentali

I sintomi del burnout comprendono alcuni o molti tra i seguenti comportamenti [cfr. Cherniss 1983; Colla,]

  • Fuga dalla relazione”
    Trascorrere più tempo del necessario al telefono, cercare scuse per uscire o svolgere attività che non richiedano interazioni con utenti e colleghi;
  • Progressivo ritiro dalla realtà lavorativa (“disinvestimento”)
    Presenziare alle riunioni senza intervenire, senza alcuna partecipazione emotiva, e solo per lo stretto necessario;
  • Difficoltà a scherzare sul lavoro
    Talvolta anche solo a sorridere;
  • Ricorso a misure di controllo o allontanamento nei confronti degli utenti: sedazione, contenzione fisica, espulsione;
  • Perdita dell’autocontrollo
    Reazioni emotive violente, impulsive, verso utenti e/o colleghi
  • Tabagismo e assunzione di sostanze psicoattive
    Alcool, psicofarmaci, stupefacenti.
  • Assenteismo

Sintomi Fisici

Secondo alcuni autori, la sindrome di burnout provoca o, più spesso, aggrava alcuni o molti tra i seguenti disturbi psicosomatici [Bernstein – Halaszyn 1989, 115; cfr. Cherniss 1983]:

  • disfunzioni gastrointestinali: gastrite, ulcera, colite, stitichezza, diarrea;
  • disfunzioni a carico del SNC: astenia, cefalea, emicrania;
  • disfunzioni sessuali: impotenza, frigidità, calo del desiderio;
  • malattie della pelle: dermatite, eczema, acne, afte, orzaiolo allergie e asma;
  • insonnia e altri disturbi del sonno;
  • disturbi dell’appetito;
  • componenti psicosomatiche di: artrite, cardiopatia, diabete.
Intervento Psicologico

È di fondamentale importanza seguire un percorso di sostegno psicologico per poter recuperare la libertà di essere umano, superando le dinamiche disfunzionali legate allo stress e al sovraccarico  lavorativo.